Vita e destino by Grossman Vasilij

Vita e destino by Grossman Vasilij

autore:Grossman Vasilij
La lingua: ita
Format: azw3, epub
pubblicato: 2011-08-24T22:00:00+00:00


23.

Poljakov si era accordato con l'esploratore Klimov per fare un salto, la notte, al reggimento: il vecchio desiderava avere notizie di Sciaposhnikov.

Espresse questa intenzione a Grekov che se ne rallegrò.

Corri, corri, padre, così ti riposerai un po' nelle retrovie, e poi ci saprai riferire come se la passano lì.

Con quella Katja, vuol dire? domandò Poljakov, immaginando subito perché il capo si fosse affrettato ad approvare la sua richiesta.

Magari non sono più nel reggimento si inserì Klimov.

Ho sentito che il comandante del reggimento li ha fatti passare entrambi oltre il Volga.

Probabilmente, ad Achtub, si sono già fatti registrare all'ufficio di stato civile.

Poljakov, che era un po' maligno, domandò al comandante: Allora dà un contrordine o vuole mandare una lettera? Grekov lo investì con una rapida occhiata, e disse calmo: Va bene, vai.

D'accordo. "Ho capito" pensò Poljakov.

Alle cinque del mattino s'intrufolarono nel passaggio.

Poljakov ogni tanto andava a sbattere con la testa contro le puntellature e allora bestemmiava contro Serza Sciaposhnikov, irritato e sconcertato di sentirne la mancanza.

Il passaggio cominciò ad allargarsi e si sedettero a riposare un po'.

Klimov lo apostrofò prendendolo in giro: Che cosa hai nel pacchetto, un regalino? Ci mancherebbe, quel moccioso... fece Poljakov.

Bisognerebbe portargli un mattone e sbatterglielo in testa.

E' chiaro rispose Klimov - solo per questo lo cerchi, pronto a farti a nuoto anche il Volga.

Non è che magari sei pazzamente geloso di Katja, eh vecchio, è lei che vuoi vedere? Andiamo tagliò corto Poljakov.

Ben presto uscirono in superficie e avanzarono nella terra di nessuno.

Tutto intorno era silenzio.

"Che sia finita la guerra?" pensò Poljakov, e gli venne in mente con forza straordinaria la sua stanza: il piatto di "borshc" sul tavolo e la moglie alle prese col pesce da lui pescato.

Lo investì una vampata di calore.

Quella notte il generale von Paulus diede l'ordine di attaccare la zona delle fabbriche di trattori di Stalingrado.

Due divisioni di fanteria avrebbero dovuto entrare nel varco aperto dall'aviazione con l'artiglieria e i carri armati.

Fin da mezzanotte le lucciole delle sigarette rosseggiavano tra le mani nodose dei soldati.

Dall'una e mezza fino all'alba i motori degli Junkers fischiarono sopra i reparti delle fabbriche.

Appena iniziato il bombardamento non ci furono più né sospensioni né tregue e se per un brevissimo istante, in quell'incessante frastuono, si riusciva a scavare una trincea, veniva riempita immediatamente dal sibilo delle bombe che piombavano a terra con il loro carico di ferro.

Il fracasso continuo e assordante sembrava avrebbe potuto, come la ghisa, sfondare il cranio di un uomo, spezzarne la colonna vertebrale.

Cominciava a rischiarare, ma nel settore delle fabbriche la notte persisteva fitta come prima.

Il colpo più violento cadde sul reggimento di Berezkin e sulla casa "sei barra uno".

Per ogni dove il reggimento fosse dispiegato, le truppe assordate saltavano intontite, consapevoli che il nemico aveva messo a segno un'altra carognata di inusitata potenza, disseminatrice di morte.

Colti di sorpresa dal bombardamento, Klimov e il vecchio si precipitarono verso la terra di nessuno dove si trovavano i crateri scavati dalle tonnellate di bombe esplose ancora alla fine di settembre.

Ai margini della terra di



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